Altre condizioni cardiache
Include 8 capitoli dedicati al trattamento di particolari condizioni cardiache come le aritmie cardiache, le malattie del pericardio e i tumori del cuore, l’insufficienza cardiaca terminale, e l’applicazione clinica delle cellule staminali.
Il materiale multimediale è arricchito da Link, foto e presentazioni in formato “power point”, e due Video sull’applicazione del cuore artificiale e del trapianto cardiaco.
di Gabriele Di Giammarco, Michele Di Mauro, Daniele Marinelli, Massimiliano Foschi, Luca Bontempi, Antonio Curnis
L’elettrostimolazione esterna come terapia sostitutiva della disfunzione dell’automatismo di generazione e della anomalia della conduzione dell’impulso elettrico del cuore venne introdotta dopo l’ osservazione dell’associazione delle manifestazioni sincopali della sindrome di Adams-Stokes con la bradicardia estrema
in presenza di blocco atrioventricolare totale.
La prima descrizione dei sintomi neurologici caratterizzanti quella che più di un secolo dopo avrebbe preso il nome di Sindrome di Adams-Stokes si deve però a G.B. Morgagni nel suo trattato “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis” pubblicato nel 1761.
I primi studi sugli elettrostimolatori esterni risalgono agli anni ‘20 quando un anestesista australiano, Mark C. Lidwell, concepì e applicò con successo la prima vera stimolazione attraverso degli aghi transtoracici utilizzati per rianimare un piccolo paziente
Negli stessi anni negli USA il cardiologo Albert S. Hyman riuscì a stimolare il cuore tramite un ago inserito direttamente nel muscolo cardiaco
Il dispositivo prese il nome di pacemaker (PMK) che in italiano potrebbe essere tradotto in “generatore di battiti”. Venti anni dopo, nel 1950 l’ingegnere canadese John Hopps realizzò quello che è considerato il primo pacemaker esterno
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di Claudio Muneretto, Fabrizio Rosati, Laura Giroletti
La fibrillazione atriale (FA) è una tachiaritmia sopraventricolare caratterizzata da rapidi, irregolari e disorganizzati impulsi elettrici che determinano una attivazione atriale di tipo fascicolare senza che venga generata un’efficace contrazione atriale.
Da un punto di visto elettrocardiografico, la fibrillazione atriale si caratterizza per la presenza di una irregolarità dell’intervallo R-R (quando la conduzione AV è conservata), dall’assenza di onda “P” atriale
e da un’attività atriale rapida e disorganizzata (da 350 a 500 battiti /minuto).
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di Francesco Alamanni, Marco Zanobini, Moreno Naliato, Laura Cavallotti
Il pericardio non è essenziale per la sopravvivenza ma svolge importanti funzioni meccaniche, immunologiche, vasomotorie, fibrinolitiche, modula la funzione e struttura dei miociti e la loro espressione genetica, è veicolo per rilascio di farmaci e terapia genetica
Le malattie del pericardio sono più comuni di quanto si pensi, presentano un ampio spettro di segni e sintomi, e pertanto per i diversi quadri clinici di presentazione e la non trascurabile morbilità e mortalità
ad esse legate dovrebbero essere ben considerate non solo dai cardiologi
La diagnosi delle malattie pericardiche sono può non essere semplice. Sebbene oggi abbiamo a disposizione un imaging multimodale avanzato, questo deve essere utilizzato in maniera mirata a conferma del sospetto clinico, e seguire sempre ad una accurata anamnesi e un approfondito esame obiettivo, un elettrocardiogramma ed una radiografia del torace
Questo concetto, valido in senso generale, risulta particolarmente vero nel campo delle patologie del pericardio che spesso presentano un quadro clinico sfumato o non univoco
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di Luigi Chiariello, Paolo Nardi, Guglielmo Saitto, Giovanni A. Chiariello
Il cuore può essere sede di tumori sia primitivi che secondari. L’incidenza dei tumori cardiaci primitivi è bassa, circa 0.2% di tutti i tumori primitivi. Mentre i tumori primitivi possono spesso essere completamente escissi, per i tumori secondari la chirurgia rappresenta in genere una terapia palliativa (decompressione di versamento pericardico neoplastico, biopsia diagnostica, rimozione parziale di una
massa ostruttiva di una cavità cardiaca).
La prima descrizione anatomopatologica di tumore cardiaco si deve a Realdo Colombo nel “De Re Anatomica” nel 1559. La prima diagnosi in vivo di mixoma cardiaco, il tumore primitivo più frequente, era effettuata nel 1952 da Goldberg con l’angiografia, nel 1954 Clarence Crafoord in Svezia effettuava
la prima resezione chirurgica di mixoma atriale sinistro e nel 1959 Jerome Kay a Los Angeles la prima escissione di un mixoma ventricolare sinistro
La maggioranza dei tumori cardiaci, circa l’80%, sono primitivi, il 20% sono ripetizioni metastatiche di tumori di altre sedi. Il 75% dei tumori primitivi ha un’istologia benigna, il 25% maligna. Come detto, il
tumore benigno più frequente è il mixoma che rappresenta circa il 50% di tutti i tumori benigni del cuore
Dei tumori maligni primitivi i sarcomi sono i più frequenti (circa il 75%) (10-11). Prima del 1980, i tumori cardiaci erano essenzialmente un reperto autoptico, in assenza di valide tecniche diagnostiche
Con lo sviluppo dell’ecocardiografia, della TC e della RM, la diagnosi in vita è divenuta agevole e di conseguenza più frequenti gli interventi chirurgici
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di Massimo Massetti, Piergiorgio Bruno
Per moderna che possa apparire, l’idea di sostituire la funzione cardiaca con un dispositivo artificiale è antecedente al trapianto cardiaco e condivide parte della sua evoluzione con la storia della macchina
cuore-polmoni
Le prime pionieristiche esperienze erano mirate alla realizzazione di dispositivi pulsatili in grado di rimpiazzare contemporaneamente la funzione di entrambi ventricoli. Già nel 1937 Vladimir Demikhov, controverso chirurgo e sperimentatore russo, esegue nel cane tre impianti di un cuore meccanico metallico di sua invenzione, in grado di supportarne il circolo fino a cinque ore
Ispirandosi al dispositivo di Demikhov, Willem Kolff e Tetsuzo Akutsu (Cleveland) nel 1957 mettono a punto un cuore artificiale in polivinile di cloruro, a funzionamento idraulico, utilizzato in modelli canini
ed in grado di fornire un supporto fino a 90 ore
La prima esperienza umana risale al 1966, quando Michael DeBakey (Houston) impianta in una paziente di 37 anni in shock postcardiotomico un’assistenza ventricolare sinistra progettata da Domingo Liotta, consistente in una pompa pneumatica paracorporea a diaframma collegata all’atrio sinistro e all’arteria ascellare
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di Gino Gerosa, Vincenzo Tarzia, Michele Gallo
La progettazione e lo sviluppo di un cuore artificiale totale (“Total Artificial Heart”, TAH) per il trattamento del paziente cardiopatico affetto da scompenso cardiaco refrattario ha rappresentato e rappresenta tuttora per i cardiochirurghi qualcosa di simile alla ricerca del Santo Graal.
Ancora prima del trapianto di cuore, lo sviluppo del cuore artificiale ha rappresentato una parte affascinante e controversa della storia della medicina del secolo scorso.
Gli sforzi iniziali per creare un organo artificiale completo per la sostituzione cardiaca fu iniziato negli U.S.A. durante l’amministrazione Kennedy nel 1960 come una delle sue numerose iniziative scientifiche. William Kolff e Michael De-Bakey sono stati tra i pionieri dello sviluppo del cuore artificiale.
HeartWare
Implantation of the HeartWare HVAD: from full sternotomy to less invasive techniques
Less invasive implantation of HeartWare left ventricular assist device
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di Gino Gerosa, Vincenzo Tarzia, Michele Gallo
Il trapianto cardiaco ortotopico è la terapia di scelta per lo scompenso cardiaco in fase terminale, non più rispondente alla terapia medica ottimale o interventi cardiochirurgici “tradizionali”.
I progressi tecnici chirurgici e di preservazione dell’organo, lo sviluppo di nuovi farmaci immunosoppressori ed il controllo delle infezioni sono notevolmente migliorati negli ultimi decenni ottimizzando ulteriormente i risultati clinici.
La ridotta disponibilità di donatori è attualmente il principale fattore limitante nella trapiantologia
moderna, visto il crescente numero di pazienti che dovrebbero beneficiare di questa terapia. Attualmente in Italia il 6.1% dei pazienti in lista di attesa muoiono prima di essere trapiantati.
In generale, la mortalità operatoria per trapianto cardiaco è di circa il 5%. La sopravvivenza ad un anno è compresa tra l’ 80 ed il 90%, con sopravvivenza a tre anni del 75%
HeartWare
Implantation of the HeartWare HVAD: from full sternotomy to less invasive techniques
Less invasive implantation of HeartWare left ventricular assist device
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di Gianluigi Condorelli, Giacomo Frati
L’insufficienza cardiaca rappresenta un problema medico-sociale in continua evoluzione e sempre più attuale con 450.000-500.000 nuove diagnosi all’anno negli Stati Uniti e circa 100.000 in Italia.
L’1% circa della popolazione ne è affetta e l’1.5% circa del budget sanitario dei paesi industrializzati è destinato al trattamento medico-chirurgico di questa patologia. L’incidenza negli anni è destinata ad aumentare, in considerazione del progressivo aumento dell’età media della popolazione e, paradossalmente, del miglioramento nella terapia delle patologie coronariche e cardiovascolari in generale, che determina un incremento della percentuale di pazienti affetti da malattia cronica.
Nonostante i considerevoli progressi scientifici conseguiti in questi ultimi anni, persistono ancora delle gravi forme di malattie cardiovascolari refrattarie ai trattamenti medici convenzionali, fra cui l’insufficienza cardiaca terminale. La sola terapia medica infatti non è in grado di correggere il meccanismo degenerativo di base, che consiste nella perdita irreversibile di cardiomiociti a seguito del danno miocardico.
Se da un lato il trapianto di cuore rappresenta oggi il “gold standard” terapeutico per il trattamento dello scompenso cardiaco in fase terminale, questo approccio è fortemente limitato dalla cronica carenza di donatori e dalle complicanze a breve e lungo termine della terapia immunosoppressiva
L’impiego di sistemi di assistenza ventricolare sinistra/destra disponibili in commercio così come i cuori artificiali totali trova giustificazione data la carenza di organi disponibili e possono essere utilizzati sia come terapia definitiva (destination therapy) che come ponte (bridge) al trapianto
Tuttavia gli alti costi di tali apparecchiature, la complicata gestione postoperatoria collegata al loro utilizzo, le problematiche di natura tecnica e gli episodi tromboembolici che fanno seguito all’impianto di tali sistemi ne limitano fortemente l’impiego. Di conseguenza la ricerca biomedica si è rivolta allo studio di opzioni terapeutiche “alternative”
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